Navigazione con mare mosso: Il limite della propria imbarcazione

Guardiamarina
yachtandco (autore)
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- Ultima modifica di yachtandco il 26/11/09 19:46, modificato 1 volta in totale
Buon giorno a tutti,

Sicuramente, a molti di voi, è capitato di trovarsi nel bel mezzo di una burrasca; in tali situazioni, la conoscenza del proprio mezzo è fondamentale. Imbarcazioni e gommoni, come autovetture, moto, aerei e qualsiasi altro mezzo di trasporto, hanno dei limiti dettati dalla fisica; il superamento di tali limiti, comporta un rischio elevatissimo per mezzi ed equipaggio.

L'apertura di questo topic, è proprio dedicata ai limiti delle nostre imbarcazioni con lo scopo di far capire a voi tutti come individuare "il limite fisico della vostra imbarcazione"

Prima di procedere nella spiegazione, espongo un quesito a tutti voi: Quali sono i fattori sintomo dell'avvicinamento del limite? Notate qualcosa di anomalo nel comportamento della vostra imbarcazione o gommone quando le onde superano "x" metri?


Saluti
Simone Zampieri
Ammiraglio di squadra I.S.
bobo
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soprattutto il vento in prua a me ha messo in difficoltà sui frangenti in un mare che in quell'occasione era mediamente sul paio di metri scarsi. dovevo navigare proprio controvento ed andavo "bolinando"
a naso, quindi, ho percepito una certa difficoltà proprio al limite della navigabilità da Codice Diporto: categoria "c"...

non è burrasca... ma io son di 4 metri e mezzo...
(e, quindi, forse son anche OT su questo topic, per come hai scritto il primo post)
Capitano di Corvetta
jacksely
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Hai posto un quesito molto intelligente e anche molto difficile. La risposta esatta non c'è in quanto dovrebbe tenere conto di tutta una seria di variabili indipendenti tra loro. Non entro nel merito della regolamentazione delle omologazioni che di per se ci da comunque un buon ragguaglio per analizzare brevemente le mie sensazioni in materia di limite della barca.
Ogni mare ha una sua caratteristica, cambia da zona a zona e anche nel raggio di poche miglia (gli adriatici lo sanno bene)..già questo rende difficile dire che il forza 5 davanti a Rimini sia come il forza 5 davanti a Pesaro (è un esempio). Allora come si può fare..o meglio come mi regolo io. Innanzi tutto con la sensibilità acquisita durante un pò di anni di navigazione: la barca la si sente..o meglio la si dovrebbe sentire. Ci sono i migliori timonieri che sentono la barca diretamente con il fianco della coscia, con le piante dei piedi, con il sedere.
La struttura trasmette al timoniere una serie di messaggi, oltre al normale sciabordio delle onde. Se infatti provi a cambiare andatura senti che le sollecitazioni sono molto diverse... puoi sentire la variazione del tuo peso in relazione a come naviga e si muove in modo composto o scomposto lo scafo. Anche la forza che devi imprimere al timone per mantenere la rotta è molto importante, più sforzi maggiore è la sollecitazione che subisce l'intera struttura. Ad ogni modo la regola generale che adotto ormai da anni è quella di alleggerire il più possibile, sforzi, tensioni e carichi all'aumentare del mare..correggendo velocità, inclinazione e direzione, angolo di barra... l'obiettivo è quello di evitare colpi e di non sentire scricchiolii. In linea di massima funziona.

Jacksely Kid
ambiente e turistico ricettivo
Ammiraglio di squadra
Yatar1963
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jacksely ha scritto:
Ogni mare ha una sua caratteristica, cambia da zona a zona e anche nel raggio di poche miglia (gli adriatici lo sanno bene)..già questo rende difficile dire che il forza 5 davanti a Rimini sia come il forza 5 davanti a Pesaro (è un esempio).

L'osservazione di Jack è fondamentale a mio avviso. In certi casi direi che (soprattutto sottocosta), cambiando il fondale, pur di poco, il mare cambia tra Fiorenzuola a Vallugola (1/2 miglio).
A cambiare soprattutto è la lunghezza dell'onda e credo anche questo fattore sia da valutare osservando i limiti di cui parliamo, anche senza arrivare a limiti estremi.
Nel mio caso, un'ondina di 80 cm comincia a dar fastidio perche ne hai una ogni 2/3 metri.
Con due metri d'onda non esco proprio, più che altro perchè non rientrerei.
Ci vediamo quando ci vediamo..
Cit. Danny Ocean
Capitano di Corvetta
giancarmine
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Una cosa che a me piace fare moltissimo è quella di cercare di cavalcare le onde, cercando di mantenermi il più possibile sulla loro cresta. in fase di discesca dall'onda stessa, con un piccolo colpo di accelleratore tengo alta la prua. Probabilmente non è la condotta migliore, sia per la sicurezza che per i consumi, ma è troppo divertente.
In alternativa, con mare molto formato, mantenendo la barca con un'andatura dislocante, cerco di andare "usando un termine velistico" di bolina; sicuramente andatura molto piu' tranquilla e sicura.
Ora che ricordo, mi è capitato con una deriva a vela, cavalcando le onde riuscii a mettere la prua di uno dei due scafi diritta nella base dell'onda e realizzai ( mio malgrado e con tanta paura, dopo) una manovra volgarmente detta della cariola o della catapulta; cioe' la deriva si impunto' nell'onda e io fui "lanciato" letteralmente in avanti a circa 4- 5 metri dallo scafo. Meno male che era una deriva a vela dopo la scuffiata rriuscii a raddrizzare il tutto ed a ripartire. Comunque ritengo che con il tipo di andatura che su ho definito divertente, questo pericolo è sempre in agguato.
Dimenticavo di dire che da ragazzo, con questa mia mania di cavalcare le onde, riuscci a schiodare una lancetta in alluminio "canadian" di 4 metri e trenta.
Gian Carmine
Gian Carmine
Capitano di Corvetta
giancarmine
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sto cercando di mettere in parole come si può sentire il limite delle possibilità della barca, non ci riesco. E' vero che si timona usando la testa , ma anche tutto il resto del corpo, ma credo anche che ci sia una grossa dose di istintività.
Razionalmente possiamo e dobbiamo essere sempre pronti ad evitare i pericoli, ma il "piede marino", a mio parere, è un dono di natura. ( P.S. con questo non sto dicendo di averlo).
Gian Carmine
Gian Carmine
Capitano di Vascello
Bigguy
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personalmente ritengo che il limite più restrittivo sia il timoniere e non l'imbarcazione, specie dopo aver visto affrontare con disinvoltura marosi da paura a timonieri addestrati con mezzi non molto diversi da quelli nostri, in situazioni in cui io non mi sarei mai sognato di uscire in mare. Ribadisco quindi l'importanza della pratica e dell'esperienza da accumulare in sicurezza, di cui già si è parlato in altri topic. Per il mezzo, non credo si possa dare una regola precisa su quale sia il limite esatto, jacksely ha dato delle ottime indicazioni sulla sensibilità del timoniere e sulla necessità di limitare "tensioni" e impatti, ma al di là di questo ogni situazione è diversa e la cosa migliore da fare è quella di conoscere in ogni punto della rotta quale sia il più vicino ridosso per la barca, il più vicino punto di atterraggio per l'aereo, o area di parcheggio per l'auto. Non ultimo, conoscere una meta alternativa che consenta di prendere il mare nel modo migliore per il nostro gommone. Questo è quello che cerco sempre di fare.
"Bigguy"
con la testa persa per un bellissimo Artigiana Battelli 25
Guardiamarina
yachtandco (autore)
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Ringrazio innanzitutto per le risposte; ma quello che io volevo farvi capire è un'altra cosa: indipendentemente dal tratto di mare e dal periodo delle onde, c'è un limite oltre il quale, lo scafo non può navigare. Molti navigatori oceanici parlano di tale limite che (secondo loro ma non secondo me), è il rapporto tra il dislocamento e la lunghezza di uno scafo. Io invece credo, e l'ho sperimentato direttamente, che tale limite può essere modificato anche in navigazione. Ad ogni modo cerco di spiegarvi come accorgersi dell'avvicinamento di tale limite:

Il limite fisico di un'imbarcazione varia al variare di diversi fattori, i quali si dividono in fattori "variabili"(cioè che possono variare in una stessa barca) e fattori "fissi"

Fattori variabili:

1 - Bilanciamento del peso (inteso tra prua e poppa)
2 - Carico a bordo

Fattori fissi:

1 - Peso dello scafo

L'avvicinamento di tale limite nel superamento di un'onda "x" si avverte sempre nello stesso modo e i segnali sono molto chiari:

1 - caduta quasi verticale dello scafo
2 - gavitazione del motore dopo la caduta

Ovviamente per capire il limite reale, bisogna affrontare l'onda in dislocamento e ad una velocità compresa tra i 12 e i 16km/h, la planata diminuisce progressivamente tale limite, poichè è la stessa velocità a far decollare l'imbarcazione con la conseguente ricaduta verticale. Sfatiamo inoltre il mito che per rientrare con mare grosso bisogna avere un motore grosso: non è vero! con il mare grosso, il motore è l'ultima delle cose poichè le onde vanno ASSECONDATE e non combattute. Quindi quando il motore ti permette di navigare agevolmente a 20-25km/h siamo già più che tranquilli, e in seguito vi spiegherò il motivo.

Scusate "l'incursione" sulla potenza del motore, torniamo ai fattori che determinano il limite fisico: Iniziamo con i fattori variabili

1) Il bilanciamento del peso

Il bilanciamento del peso è fondamentale per alzare notevolmente il limite fisico dello scafo, infatti un'imbarcazione con troppo peso a poppa cade verticalmente ogni qual volta si oltrepassi un'onda pari ad un quarto della lunghezza al galleggiamento (es: lunghezza al gall. mt 5,6 - onda altezza mt 1,4) e il raggiungimento del limite si avrà circa con onde di 1,6/1,8 mt. Un'imbarcazione, al contrario sbilanciata verso prua è PERICOLOSISSIMA poichè invece di cadere verticalmente con la poppa, cade di prua, e grazie alla conformazione della prua si infila dentro in acqua allagando l'intero scafo e sbattendo violentemente all'impatto.

ATTENZIONE: Un'imbarcazione perfettamente bilanciata che plana in onde superiori al quarto della lunghezza al galleggiamento, può diventare MOLTO PERICOLOSA in caso lo specchio di poppa sia inclinato per più di 16°, poichè il trim tutto negativo, nel momento dello stacco dello scafo dall'acqua, orienta la prua verso il basso e l'impatto con il mare è inevitabile. ( a me personalmente è successo, e tanto per far capire l'entità dell'impatto calcolate che gli occhiali che indossavo sono finiti nel prendisole di prua letteralmente accartocciati, stavo planando con una barca di 20 piedi su onde di circa 2,3-2,5mt, il trim però era tutto negativo e l'inclinazione dello specchio di poppa di 20° mentre la velocità circa 30km/h)

2) Il carico a bordo

Il carico a bordo può alzare o abbassare il limite dello scafo, solitamente un carico medio (metà circa del carico totale ammesso) è perfetto e fa alzare il limite poichè lo scafo pesa quanto basta per mantenere la direzionalità nelle onde ma non affonda eccessivamente. Un carico minimo peggiora la situazione, poichè l'imbarcazione è molto leggera e basta accelerare di poco per "volare", Un carico massimo invece, comporta un forte affondamento e effetto "leva" in caso di virate d'emergenza per l' evitamento di un frangente, specie se quel carico è composto da persone le quali, fanno alzare notevolmente il baricentro del carico stesso.

Fattori fissi:

1) Il peso dello scafo

Il peso dello scafo è fondamentale in una navigazione "limite", un'imbarcazione più pesante (ATTENZIONE NON E' PIU' ROBUSTA e vedremo il motivo in futuro) ma naviga meglio! Ci deve essere però un rapporto tra lunghezza e peso dello scafo, e se tale rapporto viene a mancare, tale imbarcazione sarà insicura in caso di navigazione con cattivo tempo.
(credo però che non valga la pena approfondire più di tanto il fattore peso in questa sezione, poichè è un discorso lungo e molto complesso e va trattato nell'apposita sezione e con molta calma)

Ricordo inoltre che lunghezza, larghezza e carena sono altri fattori che determinano il limite dello scafo, però di "carne al fuoco" ne ho già messa tanta, e una discussione profondamente tecnica sulla diversa navigazione in base alla conformazione della carena per ora è fuori luogo.

Prima di continuare nella spiegazione, vorrei capire se a voi tutti è chiara la mia spiegazione, per ciò vi chiedo di intervenire.

Un saluto a tutti
Simone Zampieri
Ammiraglio di divisione
Sardomar
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Poichè la prima sicurezza è data dalla prevenzione, io evito di udcire con mare formato.
Mi è capitato tuttavia di trovarmi al largo quando le condizioni meteomarine volgevano bruscamente al brutto.
Riflettendoci oggi dico che sono state esperienze preziose perchè mi hanno aiutato a capire che le forze che si scatenano in questi eventi non vanno contrastate srtressando la barca e il motore ma occorre scegliere una rotta che magari fa allungare un pò, ma risulta più accettabile.
Detto questo sto dicendo che non ho cercato il limite della mia imbarcazione
; in particolare mi sento di dire che la navigazione più pericolosa non è quella col vento di fronte ma quella col vento alle spalle, per il rischio di imbarcare acqua. Le navigazioni più sicure sono quelle "al mascone" e soprattutto è importante modulare il gas in funzione del moto ondoso.
Guardiamarina
yachtandco (autore)
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- Ultima modifica di yachtandco il 26/11/09 18:51, modificato 2 volte in totale
Sardomar ha scritto:
Poichè la prima sicurezza è data dalla prevenzione, io evito di udcire con mare formato.
Mi è capitato tuttavia di trovarmi al largo quando le condizioni meteomarine volgevano bruscamente al brutto.
Riflettendoci oggi dico che sono state esperienze preziose perchè mi hanno aiutato a capire che le forze che si scatenano in questi eventi non vanno contrastate srtressando la barca e il motore ma occorre scegliere una rotta che magari fa allungare un pò, ma risulta più accettabile.
Detto questo sto dicendo che non ho cercato il limite della mia imbarcazione
; in particolare mi sento di dire che la navigazione più pericolosa non è quella col vento di fronte ma quella col vento alle spalle, per il rischio di imbarcare acqua. Le navigazioni più sicure sono quelle "al mascone" e soprattutto è importante modulare il gas in funzione del moto ondoso.


Esatto! La navigazione più pericolosa è quella con il mare a poppa, però in tale navigazione, difficilmente (sempre che il capitano sia bravo) si può mettere in difficoltà lo scafo. Con il mare a prua invece, non si può scegliere se oltrepassare o meno l'onda che si ha a prua, poichè non è l'imbarcazione che va addosso all'onda ma viceversa! Ed è proprio in tal caso che la conoscenza del limite del proprio mezzo è fondamentale per prendere le dicisioni quando la situazione, già precaria, degrada ulteriormente.

Tanto per far capire meglio a voi tutti, che cosa intendo con l'avvicinamento del limite fisico, guardate il video sottostante:

0,13 - navigazione normale (il gommone naviga normalmente e oltrepassa le onde con disinvoltura)
0,18 - avvicinamento al limite (gommone quasi verticale e motori in gavitazione)
0,30 - superamento del limite ( gommone passa l'onda e cade verticalmente per poi rovesciersi) se era un'imbarcazione non si rovesciava ma affondava.

Sailornet