Patto di stabilità - Proposta privatizzazione spiagge [pag. 2]

Sottotenente di Vascello
enry.g
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- 11/37
Non lamentiamoci se poi arrivano Multinazionali che comprano km di costa e dettano regole. (per es. vietando l'accesso ai non clienti)
Ovviamente non pagando un cent. di tasse in Italia, essendo società iscritte in paradisi fiscali. Sad
o paura che andrà sempre peggio.
Il mare è come la matematica....un opppinione
Capitano di Corvetta
ICHNUSA (autore)
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- 12/37
Mettendo da parte la politica, mi fa incavolare che io debba pagare per usufruire del mare, così una giornata al mare per una famiglia diventa un salasso (parcheggio stabilimento etc ), di questo passo la vedo grigia per boschi, montagne etc.
Capitano di Corvetta
Lampedusano
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- 13/37
Ma non si diceva che il demanio non è privatizzabile.................????????????, Io per salvare il debito pubblico venderei le proprietà di ministri senatori e deputati, proprio chi è stato DEPUTATO a farlo il debito
Ammiraglio di squadra
bluprofondo60
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- 14/37
Ragazzi, ma ci rendiamo conto che ci stanno svendendo? Ci stanno trattando come dei cialtroni smidollati, ci caricano di tasse, ci spappolano il cervello con la tv spazzatura e le notizie modificate a loro comodo, non hanno nessuna intenzione di cambiare la legge elettorale e rinunciare ai loro privilegi. Ci meravigliamo che vogliono vendere anche le nostre mutande? Secondo me qui non c' è via d' uscita, sono come quei dittatori che si accorgono della realtà solo quando i rivoltosi sfondano la porta ed entrano nelle loro dimore dorate con i forconi in mano.Se qui non succede qualcosa di eclatante , le cose non cambieranno.Io sono contrario alla violenza e credo che col dialogo e la diplomazia si possa arrivare dappertutto, ma pensare che chi ci governa perde tempo dietro un vecchio maniaco megalomane ottantenne che non vuole rinunciare al potere politico, invece di artificiarsi per fare il lavoro per il quale sono pagati profumatamente, me rende molto pessimista.
La vita è la ricerca di un equilibrio, tra i compromessi, le avventure e i momenti di follia...
Contrammiraglio
Apache77
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- 15/37
Se volessero recuperare i soldi veramente agendo su gli sprechi , ci sarebbe solo l'imbarazzo della scelta da dove iniziare!

A prescindere dalla proposta e senza scendere nelle virgole del testo , mi chiedo veramente se non provino vergogna nel solo pensare a questo "metodo" , tralasciando la marea di soldi che vengono buttati nel cesso dallo stato quotidianamente .

E invece no , tasse sulle tasse , privilegi lasciati e magari migliorati , regali vari (vedi multa gestori giochi ridotta x decreto a spiccioli) .

finche' non gli si va' coi forconi nel c...o , questi non la smetteranno.
Ammiraglio di squadra
Gulliver
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- 16/37
Io ribadisco, ora e sempre, W IL BARCELLONA!
Capitano di Corvetta
step_78
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- 18/37
si cosi se non paghi nemmeno puoi andare a prenere un po di sole,e oltretutto continuamo ad incentivare l'evasione in quanto la maggior parte dei concessionari delle spiagge sono mezzi mafiosi ed evasori
Ammiraglio di squadra
misterpin
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- 19/37
Il prossimo passo sarà la privatizzazione dei sentieri di montagna Rolling Eyes Mad Purtroppo stanno raschiando il fondo, non sanno dove ancora attingere dalle nostre tasche mentre se svuotassero un pò le loro ...............
Contrammiraglio
dolce*11
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- 20/37
Credo sia interessante conoscere meglio chi ha proposto la legge.........














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D'Alì, Antonio

Senatore della Repubblica. Eletto a Trapani. Di Forza Italia. Sottosegretario all'Interno nel secondo governo Berlusconi. Già vicepresidente della commissione Finanze, per un breve periodo è stato il responsabile economico di Forza Italia. La famiglia D'Alì Stati è una delle più potenti, facoltose e riverite del Trapanese. Le immense tenute agricole, le saline tra Trapani e Marsala, le molte proprietà e (fino al 1991) la quota di controllo della Banca Sicula costituivano l'impero governato con autorità da Antonio D'Alì senior, classe 1919, che fu direttamente amministratore delegato della banca di famiglia fino al 1983, anno in cui fu coinvolto nello scandalo P2 (il suo nome era nelle liste di Gelli) e preferì passare la mano al nipote Antonio junior, che poi nel 1994 aderì a Forza Italia e fu premiato con un bel seggio al Senato. La Banca Sicula era uno dei più importanti istituti di credito siciliani per numero di sportelli e per mezzi amministrati. All'inizio degli anni Novanta la banca trapanese, già corteggiata anche dall'Ambroveneto di Giovanni Bazoli, fu acquistata e incorporata dalla Banca Commerciale Italiana, alla ricerca di un partner per superare la sua storica debolezza in Sicilia. In seguito all'operazione, Giacomo D'Alì, professore associato di Fisica, figlio di Antonio senior e cugino di Antonio junior il senatore, è entrato a far parte del consiglio d'amministrazione della Banca Commerciale. La Banca Sicula, prima di rigenerarsi dietro le rispettabilissime insegne della Commerciale, era stata oggetto di un allarmato rapporto di un commissario di polizia, Calogero Germanà, che poi, trasferito a Mazara, aveva subito un attentato da parte di Leoluca Bagarella in persona e oggi è dirigente della Dia (la superpolizia antimafia) a Roma. Il rapporto ipotizzava che l'istituto di credito fosse uno strumento di riciclaggio di Cosa nostra. E sottolineava il fatto che come presidente del collegio dei sindaci della banca fosse stato chiamato Giuseppe Provenzano (il futuro deputato di Forza Italia e presidente della Regione Sicilia), già commercialista della famiglia Provenzano (l'altra, quella dell'attuale numero uno di Cosa nostra). Il rapporto non ebbe però alcun seguito. Prima dell'incorporazione, la Banca Sicula aveva realizzato un aumento di capitale di 30 miliardi. Niki Vendola, allora vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, nel 1998, in un rapporto inviato alla Vigilanza della Banca d'Italia, chiese: da dove erano arrivati quei soldi? Chi aveva finanziato la ricapitalizzazione?

La risposta della famiglia D'Alì: tutto regolare; l'aumento di capitale della Banca Sicula è stato finanziato da Efibanca, "contro pegno di un rilevante pacchetto azionarioè, senza ingresso di nuovi soci; il finanziamento è stato poi "integralmente estinto con il ricavato della successiva vendita delle azioni alla Comit, che provvide a versare direttamente all'Efibanca le somme di competenzaè.

La famiglia D'Alì ha avuto come campieri alcuni membri delle famiglie mafiose dei Messina Denaro. Francesco Messina Denaro, il vecchio capomafia di Trapani, fu per una vita fattore dei D'Alì, prima di passare la mano – come boss e come "fattoreè – al figlio Matteo Messina Denaro, classe 1962, che dopo essere stato uno degli alleati più fedeli di Totò Riina ai tempi dell'attacco stragista allo Stato è oggi considerato il boss emergente di Cosa nostra, forse il nuovo capo della mafia siciliana, all'ombra del vecchio Bernardo Provenzano. A riprova dei rapporti tra la famiglia D'Alì e il boss, l'allora vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Nichi Vendola nel 1998 esibì i documenti che provano il pagamento a Matteo Messina Denaro, ufficialmente agricoltore, di 4 milioni ricevuti nel 1991 dall'Inps come indennità di disoccupazione. A pagargli i contributi era Pietro D'Alì, fratello di Antonio il senatore e di un Giacomo D'Alì che, negli anni Settanta, era stato attivista di un gruppo neofascista siciliano.

Anche il fratello di Matteo Messina Denaro, Salvatore, ha lavorato per i D'Alì: è stato funzionario della Banca Sicula e poi, nel 1991, è passato alla Commerciale. Peccato che nel 1998 sia stato arrestato per mafia.

C'è un'altra vicenda in cui le strade dei D'Alì si incrociano con quelle dei boss di Cosa nostra. Francesco Geraci, notissimo gioielliere di Castelvetrano, gran fornitore di preziosi alla famiglia di Totò Riina, dopo essere stato arrestato con l'accusa di essere uno dei prestanome di Riina, ha raccontato: "Nel 1992 Matteo Messina Denaro mi ha chiesto di acquistare dai D'Alì un terreno per 300 milioni da regalare a Riinaè. Si tratta della tenuta di Contrada Zangara, a Castelvetrano. I firmatari del contratto sono Francesco Geraci il gioielliere e Antonio D'Alì il futuro senatore. "Io sono intervenuto solo al momento della firmaè, racconta Geraci. "Dopo la stipula andai spesso alla Banca Sicula e mi feci restituire i 300 milioniè. Quel terreno, poi, nel 1997 è stato confiscato in quanto considerato parte dei beni di Riina.

I D'Alì hanno sempre ribattuto su tutto. Francesco Messina Denaro, dicono, fu assunto dal nonno di Antonio junior, l'ingegner Giacomo D'Alì, classe 1888, quando "si era ben lontani dall'evidenziarsi di fenomeni che rivelassero la instaurazione di un'economia criminaleè. Matteo Messina Denaro era "alle dipendenze come salariato agricoloè, "fino a quando non si scoprì chi fosseè. Il passaggio della tenuta di Zangara dai D'Alì a Riina è "una vicenda svoltasi all'insaputa del venditoreè.

Gli impegni di senatore a Roma non lo distolgono dall'attività a Trapani: con Francesco Canino (Cdu) e Massimo grillo (Ccd) costituisce il triumvirato informale che decide la politica della città. Anzi, ne è l'uomo emergente, mentre gli altri due hanno dovuto negli ultimi anni accusare dei colpi. è questo triumvirato che nel maggio 1998 raggiunge l'accordo per candidare a sindaco di Trapani Nino Laudicina. Pochi giorni dopo l'elezione, Canino (uno dei politici più bersagliati dalle critiche di Mauro Rostagno) viene arrestato per concorso nell'associazione mafiosa che avrebbe monopolizzato gli affari e spartito gli appalti del Comune di Trapani. Poi, nell'ottobre 2000, tocca all'assessore Vito Conticello, arrestato mentre intasca una tangente. Era entrato in giunta solo otto mesi prima, spinto da D'Alì, che subito dopo l'arresto lo difende: "Conosco la capacità lavorativa dell'assessore Conticello e la sua correttezza; mi auguro, pertanto, che il risultato dell'azione investigativa al più presto riveli una diversa valutazione dei fattiè. Salvatore Cusenza, della segreteria regionale dei Democratici di sinistra, insieme ai politici dell'opposizione denuncia il partito degli affari e chiede chiarezza. D'Alì ribatte: "Colgono ogni occasione per criminalizzare gli avversari, con tentativi di sciacallaggio politico di stampo bolscevicoè. Il 24 aprile di quest'anno è il turno del sindaco Laudicina, arrestato per corruzione con altre sette persone. Perfino il vescovo di Trapani grida: "è arrivata l'ora di reagire. No allo strapotere, è ora di svegliarci!è. D'Alì dichiara: "Nessuno può arrogarsi il diritto di giudizi sommari, né di strumentalizzazioniè.
Sembra di sentirlo ancora
dire al mercante di liquore
"Tu che lo vendi cosa ti compri di migliore?"

F.De Andrè.
Sailornet