Disonestà intellettuale! [pag. 2]

Contrammiraglio
fabiox
Mi piace
- 11/40
Ho un azienda da tempo,e se mi si chiede quale sia la mia più grande risorsa non avrei dubbi nel rispondere:i collaboratori diretti!
Credo valga per la quasi totalità delle aziende,a prescindere dall'indirizzo.
Se sento la crisi ottimizzo i tempi,cambio le attrezzature con altre più produttive,riduco le spese sui materiali,aumento le tariffe....solo in ultima analisi mando via un collaboratore,perchè quella è una sconfitta e una grave perdita per l'azienda;certo anche il lavoratore ne soffre,e tanto,ma sa arrivo a tanto significa che era assolutamente necessario per la salvaguardia dell'attività,l'unica entità veramente indispensabile e assolutamente da preservare,perchè produce,e questo è un bene di tutti.
Pensate se nello scorrere della crisi l'ex dipendente trovasse altra occupazione e quando io mi ritrovassi in condizioni di riassumerlo questo non fosse più disponibile:secondo voi chi ha subito il danno maggiore?Certo non si pretende che questi stiano in attesa e a disposizione,ma è per rendere l'idea che un azienda,seria,non ha interesse a licenziare chi produce per per lei,mai,a meno che si tratti di soggetti inutili,non produttivi,difficilmente gestibili,che arrecano danno anche indiretto,che sconvolgono l'ambiente lavorativo etc.etc,e allora perchè non dovrei esser libero di tutelare la mia creatura allontanando questi soggetti e sostituendoli col personale che davvero mi serve,tutelando me e tutti quelli che come me lavorano seriamente per produrre e non solo per per arrivare a ritirare lo stipendio,non importa come?
Vedo l'articolo 18 come una legge che ti voglia obbligare a respirare;lo fai già di tuo,serve a te,non serve che ti obblighino,si è solo esasperato,sbagliando,una condizione che è naturale per una azienda,la tutela della sua risorsa più cara,e si è clamorosamente mancato l'obbiettivo
TUTTO VAL LA PENA D'ESSERE IMPARATO
Ammiraglio di squadra I.S.
bobo
Mi piace
- 12/40
una bandiera, come tante....

in tecnichese si distingue tra "tutela reale" (sopra i 15 dipendenti)
e "tutela obbligatoria" (sotto tale limite)

ma a ben vedere solo in pochi casi la "tutela reale" viene veramente chiesta dal lavoratore, che torna al suo vecchio lavoro.....
nella stragrande maggioranza dei casi, invece, si assiste solamente ad una lesione del diritto di uguaglianza : il lavoratore approfitta dell'enorme risarcimento (indennità, in effetti) di cui ha diritto a sua insindacabile scelta.....
il lavoratore di una azienda appena appena più grande (numericamente) di un'altra ha questi diritti in più che il suo collega dell'altra azienda non ha..... (ha quella che si definisce "tutela obbligatoria" che non prevede il reintegro ma solo un risarcimento, di entità minore)
siamo sicuri che tale disparità sia "giusta" nel senso costituzionalmente dettato dall'art. 3? (uguaglianza sostanziale, non solo formale: a situazioni differenti, opportuni differenti trattamenti)

concordo poi sull'analisi sociale complessiva: le aziende cui si applica la tutela reale sono la minima parte ed il numero dei lavoratori beneficiari non è molto più grande, percentualmente sul totale occupati nazionali.

diciamo che per le aziende è plausibile il 5% sopra riferito, e per i lavoratori penserei a circa il 12/15%

son pensieri sparsi: non sono imprenditore e parlo solo per esperienza di "liti".....

sbilanciandomi:
si potrebbe riformare la materia abbandonando il vecchio vessillo del 18 a favore di una regolazione "proporzionale" al num. di dipendenti dell'azienda; io innanzitutto abolirei la tutela reale, prendendo atto che storicamente non è effettivamente scelta dalla stragrande maggioranza dei lavoratori che vincono le causa contro i licenziamenti, poi modulerei la tutela obbligatoria di modo da abolire quel "muro anche psicologico" che hanno le piccole imprese verso un maggiore e migliore loro dimensionamento.
ipoteticamente, a partire da oltre 10 dipendenti si potrebbe avere una maggiorazione della tutela minima già esistente, proporzionalmente su su sino ad arrivare agli importi attuali dell'art. 18 (magari anche maggiori) sopra un numero di dipendenti che identifichi realmente una grande struttura (ipotizzo almeno un centinaio di dipendenti).... nel mezzo dal minimo al massimo si potrebbe andare in su progressivamente a decine di occupati identificando vari scaglioni....... 5 mensilità sino a 10 dipendenti, 7 mensilità fino a 20 dipendenti, 9 mensilità sino a 30 dipendenti, e così via sino al target per le grandi aziende......
Ammiraglio di divisione
eros
Mi piace
- 13/40
porto un esempio folle.
Sono stato contattato dal un ente statale svizzero per trasferire da loro la mia azienda e così ,mi sono informato sul loro mondo del lavoro.

Allucinante l' antitesi del nostro sistema .

Licenziamento libero (tre mesi di preavviso , sei per i casi di malattie gravi) ,per tutte le dimensioni di aziende.
Nessun contratto di lavoro ,ma una legge nazionale dell' occupazione , che stabilisce orari di lavoro e straordinari massimi .
Un rappresentante dei lavoratori (non ricordo esattamente ) ogni 100 dipendenti , nessun sindacato di categoria.
Nessun minimo salariale.

Ora questa assurdità ha creato un sistema dove le aziende per tenersi il personale lo strapagano , rispetto a quelli che sono i nostri canoni.

questa differenza mi porta a pensare che non si possa dire che il nostro è l'unico sistema che funziona .

ciao eros
Tenente di Vascello
gorax
Mi piace
- 14/40
Mi sono sempre chiesto una cosa.......
Ma se un imprenditore qualsiasi ha un dipendente valido, produttivo, puntuale, onesto........ma che motivo avrebbe di cacciarlo, art. 18 o meno?
Ma se un imprenditore qualsiasi ha un dipendente incapace, che non gli interessa nulla se non prendere il suo stipendio con il minimo sforzo ma perchè deve scontrarsi con sto art. 18 per cacciarlo, anche se alla lunga ci può riuscire?
A mio parere si è sempre voluto impostare il discorso su una lotta di classe padrone/operaio ma non è più così.
Finchè non ci renderemo conto che in una azienda il profitto lo producono i lavoratori con la loro opera e i titolari con il loro rischio staremo per altri 40 anni arroccati su queste anacronistiche posizioni di tipica cultura italiana (perchè non mi risulta che all'estero sia così e ho imparato che quando uno fa una cosa e 100 ne fanno un'altra non c'è un intelligente e 100 co++++ni).
Perchè l'imprenditore (in genere) deve guadagnare di più?
Perchè il tempo che dedica alla sua azienda è molto di più rispetto a quanto dedicato dagli operai, perchè se sta male deve andare a lavorare lostesso, perchè i soldi che ci ha messo li ha rischiati del suo.
E non si venga a dire di quelli che sfruttano che scappano e che altro perchè questi non sono il tessuto imprenditoriale italiano, sono dei parassiti che non costituiscono la regola.
E poi sti sindacati......ma basta!!!! Stiamo ancora a credere che siano dalla parte dei lavoratori???? Ma per favore!
Se ci fosse un'organizzazione che veramente avrebbe interesse a rappresentare i lavoratori ce ne sarebbe UNA e non tre perchè credo che l'interesse dei lavoratori sia unico....
Scusate lo sfogo ma se contestiamo il fatto che vogliano mettere padri contro figli dobbiamo riconoscere che finora hanno ci hanno messo gli uni contro gli altri.......
E noi glielo abbiamo permesso!
Zar 53, Suzuki 140, si.ma.car. 1000
Ammiraglio di divisione
eros
Mi piace
- 15/40
- Ultima modifica di eros il 20/12/11 15:40, modificato 1 volta in totale
Per tornare sul titolo del post "Disonestà intelletuale" perchè invece di focalizzare l'attenzione della gente sull' art. 18 i mezzi di informazione (se li possiamo ancora definire così) non fanno un inchiesta seria sul come deve cambiare il nostro mondo del lavoro?

1) deve cambiare o no?
2) come? (con le pensioni a 66 anni vi immaginate insegnanti autisti ecc.)
3) perchè


il terzo è il punto più spinoso .

ciao eros
Site Admin
VanBob
Mi piace
- 16/40
Mah... io sono e sarò sempre per un sistema meritocratico. E' l'unico che può generare ricchezza per il paese (quindi per tutti).
Aiutaci a sostenere Gommonauti.it, acquista i tuoi prodotti online a questo link
Ammiraglio di divisione
TheGiangi
Mi piace
- 17/40
Tanto per rimanere on topic, ci vorrebbe onestà intellettuale nel focalizzarsi sul perchè è necessario un articolo 18 nello statuto dei lavoratori. Quali le motivazioni che hanno spinto a obbligare al reintegro in azienda (di questo tratta l'articolo) qualora il giudice ravvisasse un licenziamento senza giusta causa.

Il problema nasce dalla totale mancanza di un sistema lavoro in Italia capace di far rientrare una persona nel mondo del lavoro il più in fretta possibile.La conseguenza sta nel rischio di rimanere tagliati fuori per lunghi anni (sperimentato sulla mia pelle) senza certezze su come sostentarsi.
Magari si dovrebbe porre l'attenzione su questo, invece di far passare il concetto che il lavoratore che può avvalersi di questa tutela sia il problema della crisi economica italiana.
Anche per un puro calcolo economico, lo stato dovrebbe farsi in quattro per far trasformare un costo (il disoccupato, senza sussidi, che sono un costo, comunque consuma lo stretto indispensabile) in un contribuente.

Sempre in tema di onestà intellettuale, si sta facendo la stessa cortina fumogena del dibattito sulla necessità di modificare l'articolo 41 della costituzione.

G
Seguite l'onda, belli!

Arrivederci a NAVIGHIAMO INSIEME 2021
Ammiraglio di squadra
Yatar1963 (autore)
Mi piace
- 18/40
Veramente ho aperto questo topic per capire come vivono la cosa i "giovani" vs. "anziani", più che per entrare nel dettaglio dell'art. 18 et similia del momento

Quindi mi sembra giusto dare una risposta a Barbossa, giacchè nella mia vita ho lavorato nel privato e nel pubblico, sia come dipendente che come professionista, sia con aziende italiane che straniere.
Possiedo varie professionalità, ma a quasi 50 anni nemmeno quelli che fanno le ricerche a tappeto tramite Albi mi scrivono più.

Sono nato e cresciuto in una città industriale del nord dove nei primi anni 80 c'era la "crisi" e un giovane non trovava lavoro manco a piangere cinese.
Non esistendo contratti d'ingresso, l'ingresso in azienda avveniva semplicemente in nero
Anche allora c'erano laureati che trovavano immediato impiego, ed altri che non lo trovavano manco morto, e spesso a causa di una errata scelta di studi.
D'altronde, come oggi, il numero dei carcerati era inferiore al numero degli avvocati, sicchè laurearsi in legge era un rischio.
Oltretutto certe professioni erano ancora più chiuse di oggi
Ma l'idraulico a domicilio o il falegname costava sempre un botto.

Poi la fiat (Fabbrica Internazionale Automobili Toronto) decise di licenziare i 50-55enni (ed in questo ebbe un grosso aiuto statale), a partire da pensionati "quasi-baby" e comicio a telefonare a casa ai giovani per proporgli un lavoro....
La città cambiò, anche grazie alla nascita del "popolo delle partite IVA" che all'epoca erano semplicemente operai che facevano conto lavorazione per la vecchia azienda (oggi chi ha saputo fare è un imprenditore, gli altri sono stati sostituiti dalle partite IVa cinesi)

Anche allora come oggi nessun piccolo imprenditore si sarebbe sognato di licenziare un collaboratore valido con cui lotta gomito a gomito ogni giorno. E anche allora, presa fiducia, avrebbe integrato quel giovane definitivamente in azienda
Però a qualche capetto di qualche burocratica aziendona la voglia veniva eccome.... magari per motivi futili o semplicemente personali, tenendosi per altrettanti strani motivi il fannullone
Quindi quella norma, certamente imperfetta, tanto peregrina non era.

Come non lo sarebbero i contratti di ingresso se non fossero abusati e prevedessero criteri penalizzanti/premianti
Soprattutto se il prodotto delle italiche "partite Iva", non fosse diventato delle più economiche partite IVA cinesi...
Ma ricordiamoci che è la grande azienda grande che ama "svecchiare" il personale 50enne a prescindere dalle qualità e non certo quella piccola, come ben sa chi ci è passato perchè già oggi di sistemi ce ne sono.
E ciò avviene per i 45-50 enni di oggi ed avverrà pure per quelli di domani

Ora si tratta solo di capire se, per esempio, si crede davvero che le pensioni siano inadeguate?
Che i soldi non ci siano più a causa di qualche privilegiato?
Che i figli siano disoccupati perchè i padri lavorano, dimenticando che tutti, potendo, andrebbero in pensione con 7-800 € pur di cedere il posto al figlio?

Perchè è bene sapere, ad esempio che con piccoli necessari aggiustamenti (che nessuno vuol fare) sono adegutissime... ma è inutile discuterne perchè se vai a chiedere di vedere i tuoi soldi, semplicemente... non ci sono più... spariti in disoccupazione e cassa integrazione che avrebbero dovuto essere (in gran parte) a carico della collettività e non dei fondi
Soprassiedo a come sono stati realizzati i fondi pensione "privati-obbligatori" (di cui ero sostenitore fin dal lontano '87 e che oggi abiuro), perchè non voglio rovinare la giornata a nessuno.

Ho anche gestito denaro pubblico e in pochissimi anni ho triplicato i servizi forniti e risparmiato pure il 20%.
Se ci son riuscito io, che sono un grande ignorante, è bene diffidare quando sentite "i soldi non ci sono.."

Orbene, la domanda è sempre la stessa:
siamo sicuri che la soluzione sia far litigare padre e figlio su quale dei due debba mantenere l'altro??
O forse è solo una scusa per metterla in quel posto ad entrambi, ma assicurandosi il sostegno di almeno uno dei due???

S'ha da fare?? Amen
Ma almeno non mi rovinino la cena in famiglia!
Prescindendo dalla "politica" che, non avendo voce, non centra un tubo
Ci vediamo quando ci vediamo..
Cit. Danny Ocean
Tenente di Vascello
gorax
Mi piace
- 19/40
Il 90% delle aziende italiane sono sotto i 15 dipendenti.
Del restante 10% vanno bene quelle dove lo stato non c'entra.
I capetti a cui prude la penna per firmare i licenziamenti sono quelli messi lì dalla politica....dovrebbero andare a casa loro e tutti i politici.
Stiamo dicendo probabilmente tutti la stessa cosa, ma partiamo da posizioni differenti perchè siamo fossilizzati sui preconcetti che ci hanno inculcato da sempre: padrone-operaio-sindacato-partito.....
Zar 53, Suzuki 140, si.ma.car. 1000
Contrammiraglio
fabiox
Mi piace
- 20/40
Yatar non volermene,ma sembra che il discorso verta più sull'occupazione dei 50enni che sull'articolo 18 visto dai giovani,e la cosa è differente.Se la metti così hai forse più di una ragione nell'argomentare ma sicuramente non necessita che ti ricordi gli ultimi sviluppi in materia di età pensionabile,ed ecco,al solito,un bel italico paradosso:il governo che ti reclama operativo fino alla disfatta del fisico e le imprese che ti rimpiazzerebbero alla prima ruga.E quindi?
Continuo a sostenere che se un lavoratore sia dotato di quel valore aggiunto che lo rende appetibile per il mercato non abbia problemi di sorta sia nel pubblico che nel privato a meno che non si trovi al cospetto di capi autolesionisti,poi certamente alcuni lavori non sono espletabili da persone troppo avanti con gli anni e meritano un discorso a parte.
Finisco col dire che non mi sembra lecito scontrarsi fra generazioni al suono delle attuali campane,se il discorso si può imbastire significa che tutti i partecipanti sono nell'età della ragione,quindi in grado di capire che si è tutti sulla stessa barca,chi deve iniziare,chi vuol continuare e chi vorrebbe finalmente finire.
Dignità vuole che nessuno mantenga nessuno,se chi ne ha i mezzi legiferasse seriamente per un Italia che possa produrre e concorrere nel mondo non sparirebbe certo la crisi dall'oggi al domani,ma si tirerebbe la cinghia sapendo che si va da qualche parte,non sarebbe così dura e certi discorsi neanche si farebbero.
TUTTO VAL LA PENA D'ESSERE IMPARATO
Sailornet

Argomenti correlati