Giro dell'Elba

Sottocapo di 1° Classe Scelto
mazzei.r (autore)
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Una volta all’anno almeno va fatto. Il giro dell’Isola d’Elba è sempre piacevole anche se ormai conosco a memoria i profili delle sue coste.
Il periodo migliore è a giugno, entro il 20. Poi, complice la festività di S.Giovanni per i fiorentini il 24, l’inizio delle vere vacanze estive, diventa tutto più confusionario. A luglio e agosto non se ne parla, l’isola affonda !!
La partenza è la solita: Piombino. Si può varare allo scivolo pubblico dopo la zona imbarco dei traghetti e con un po’ di fortuna lasciare il carrello e la macchina nelle vicinanze, oppure appoggiarsi alla Marina di Terrerosse o alla Cooperativa Pontedoro in località Colmata. Qui nel canale c’è anche il benzinaio, assente nel porto di Piombino.
Sconsiglio Baratti per chi ha gommoni oltre i 5,5 metri per problemi di bassa marea allo scivolo.
La distanza con l’isola è, nel punto più vicino, di 5,5 miglia, che si percorrono facilmente con mare non formato. Usciti dal canale e passando davanti all’entrata del porto i traghetti in manovra, hanno sempre la precedenza e non mancano mai di ricordartelo con potenti segnali sonori. Lasciata l’imboccatura sulla destra ci si imbatte in una selva di barche di varie dimensioni ancorate, con gli equipaggi intenti a pescare. Si può scegliere di passare nel mezzo, causando qualche disagio agli occupanti, oppure percorrere la rotta dei traghetti che allargano verso sud aggirando la zona. Attenzione alle traine. I venti prevalenti in questo tratto di mare sono maestrale o scirocco e in una giornata con tempo buono, la mattina soffiano appena. Nel caso il mare sia mosso o in scadenza, si può usufruire delle comode scie dei traghetti diretti verso Portoferraio. Non avvicinarsi troppo per evitare cavitazioni dell’elica dovute alle forti turbolenze.
Se siamo a corto di benzina, la prima tappa che possiamo fare è Il Cavo (7,2 miglia circa) con il distributore sistemato ben all’interno del porto e al riparo da onde. Nulla da segnalare sul paese.
Se invece non ci sono urgenze di carburante, metto la prua in direzione dell’isola di Palmaiola, passando poi a sud della stessa e dirigendomi verso la costa, che è rocciosa con alternanza di spiagge di sabbia piuttosto grossa e giallastra.
Le colline sono verdissime e l’odore di elicriso ti pervade immediatamente. I resti degli impianti di estrazione mineraria sono un bruttissimo contrasto con la bellezza del paesaggio e della costa striata di colori dati dai minerali presenti nelle rocce. Dispiace veramente vedere questi scheletri industriali fatti di costruzioni in cemento armato con le finestre rotte e le strutture metalliche quasi nere dall’ossidazione, che incombono alle spalle delle spiagge, in attesa di crollare sotto il peso dell’erosione.
Un esempio di un prossimo cedimento, è visibile subito prima dell’entrata del porto di Rio Marina distante dal Cavo 3,5 miglia. Un pontile che si allunga nel mare, utilizzato a suo tempo per caricare le navi, è ormai vicino alla resa e si resta un po’ perplessi davanti a quella che è una situazione di pericolo evidente, non segnalata. Molto probabilmente crollerà a seguito di una mareggiata e allora i rottami metallici diventeranno veramente un pericolo per tutti.
Il porto di Rio Marina è stato da poco ingrandito con l’ampliamento dei posti barca a nord; non è presente ne acqua ne benzina. Un ormeggio temporaneo si può trovare nella banchina situata direttamente sotto il paese a destra della torre con l’orologio da poco restaurata. Se lo stomaco reclama i suoi diritti, lo possiamo accontentare sedendoci a uno dei ristoranti che si trovano sul porto. Il paese mostra chiaramente le sue origini metallifere, sia nei materiali di costruzione delle case, sia nella sabbia che riverbera in maniera anomala i raggi del sole.
Ripreso il mare sempre con prua a sud, la costa continua ad essere rocciosa con molte villette che discretamente si affacciano sul mare, fino a Ortano dove alle spalle della spiaggia ha sede un villaggio turistico. In questa zona sono segnalate sul fondo diverse ancora, tracce di un traffico navale legato all’estrazione dei minerali.
Doppiato l’isolotto di Ortano che fa da confine alla piccola baia, il successivo centro abitato è Porto Azzurro distante da Rio appena 4,5 miglia. Prima di entrare nel profondo golfo si passa davanti al complesso turistico di Capo D’Arco con la sua piscina salata rialzata sul mare. Veramente discutibile l’uso del cemento per creare piazzole per prendere il sole.
Sulla destra, dietro la prima spiaggia che si incontra addentrandosi nella baia e non visibile dal mare, c’è il laghetto verde sulfureo di Terranera, in cui non è consigliabile fare il bagno.
Dopo aver passato il carcere, che torreggia in alto a destra, si entra in Porto Azzurro; non ci sono ormeggi temporanei, ma chiedendo ai ragazzi sotto gli ombrelloni in testa di molo, normalmente trovano un posticino. Nel porto c’è il benzinaio ed eventualmente la ricarica bombole. Il paese merita una visita approfondita sia per la mondanità del luogo sia per i negozi che si aprono sulle stradine interne. C’è di tutto.
Chi ha intenzione di passare la notte dormendo in gommone può uscire dal porto e dirigersi a destra nel golfo di Mola e trovare un ancoraggio tranquillo date le dimensioni della baia e la sua protezione ai venti. Chi invece vuole mettere una tenda può provare ad atterrare su una delle spiagge, con pineta annessa, a sud della baia, scapolato il bastione con faro annesso.
Da Porto azzurro alla Punta dei Ripalti, estremo sud dell’Isola e a 4,5 miglia, la costa diventa abbastanza inaccessibile, con fondali che arrivano immediatamente ai 40 / 45 metri di profondità. Ottimo posto per fare immersioni, facilmente in corrente. Con un po’ di fortuna si trovano pesci Luna. In questa zona il gabbiano regna sovrano.
A largo, distante circa un miglio con coordinate imprecisate, c’è il relitto del Polluce, famoso per i tentativi, effettuati da pirati moderni, di recuperare il carico di oro e gioielli ancora presenti nello scafo. Conviene molto di più ammirare, in direzione sud, l’Isola di Montecristo che si staglia all’orizzonte con la sua forma caratteristica. Più ad Est si può distinguere in lontananza l’Isola del Giglio, poco visibile se c’è un po’ di foschia.
Doppiata la Punta si mette la prua ad ovest, passando sotto Punta Calamita, origine di leggere deviazioni magnetiche. Continuiamo a trovare gli scheletri degli impianti di estrazione che hanno modificato sensibilmente la costa con spiagge di sassi e rovine di scali artificiali. Non è facile l’approdo e non vi è un particolare interesse a scendere a terra se non per misurare sui propri piedi nudi le temperature che posso raggiungere i sassi di colore grigio scuro a metà giornata. Ci puoi cuocere un uovo!!
Altra storia per gli appassionati di minerali che frequentano l’Isola trovando innumerevoli pezzi pregiati.
Continuando la circumnavigazione, lasciamo la parte selvaggia e torniamo ad un paesaggio abitato dall’uomo. Davanti a noi si trovano le due isole Gemini, totalmente deserte. Si può passare, con attenzione, fra queste ultime e la costa mantenendosi centralmente al piccolo canale; il fondo resta ad un metro o poco più. Più al largo, lo Scoglio della Corbella è meta di immersioni.
A questo punto si posso scegliere due rotte: mettere la prua a est nord est in direzione Marina di Campo (circa 6 miglia), oppure navigare lungo costa nei due ampi golfi che si aprono a destra, Golfo Stella e Lacona, separati da una lingua di terra al cui apice (Stellino) si posso fare immersioni. Navigando con il naso all’insù sembra di vedere un catalogo di un’agenzia immobiliare. Non c’è che da scegliere la villetta giusta e… sognare. In alto sulla destra si vede il paese di Capoliveri e lungo la costa si aprono diverse spiagge.
Nel successivo Golfo di Lacona c’è la possibilità di trovare alloggi presso i campeggi sul mare.
Continuando, doppiamo Capo di Fonza ed entriamo nel Golfo di Marina di Campo.
Il Porto non è molto grande e come al solito non dispone di zone adeguate all’ormeggio temporaneo. Il benzinaio è subito all’entrata a sinistra ed è un po’ disagevole perché sottoposto alle onde delle imbarcazioni in transito.
Per mia abitudine mi dirigo verso la parte più a nord del Golfo, la più distante dal paese, con due campeggi che si affacciano sul mare e dove si può ormeggiare ad un corpo morto, pagando un aperitivo al gestore degli ombrelloni. Comunque, con bel tempo dichiarato, ancorare in bandiera per la notte non dà particolari problemi visto come è riparata la zona. L’unico vento che entra e può fare danni è lo scirocco.
Dai campeggi indicati, al paese c’è da fare una rilassante passeggiata lungomare di circa 1,5 Km.
In altri casi ho pernottato con la tenda sulla spiaggia di Galenzana (42° 44’ 06’’ N 10° 14’ 10’’ E). E’ necessario prestare attenzione al basso fondale. Per non prendere l’imbarcazione e andare al paese la sera, dobbiamo fare una camminata al buio in mezzo alle colline, comunque su un sentiero segnato. Di notte con la luna ha un notevole fascino.
Il paese è sicuramente da visitare, caro come tutta l’Isola. Sembra strano, ma è molto facile sentir parlare napoletano perché la zona è stata “colonizzata “ ai suoi tempi da pescatori provenienti da Ponza. Gli Elbani non praticavano la pesca come risorsa economica. Più facilmente vivevano con le risorse minerarie e il lavoro della terra; l’Isola dal vino buono, diceva Plinio il Vecchio. Ora ovviamente con il turismo, molto è cambiato.
Ripartendo da Marina di Campo, doppiato Capo di Poro, continuiamo a dirigerci verso Est. Chi ha voglia, può fare una puntata a Pianosa (circa 8 miglia), ricordandosi di non avvicinarsi a più di un miglio per evitare l’intervento delle autorità.
Il tratto di costa che inizialmente percorriamo è costituito da una riva scoscesa che non permette di scendere a terra e che comunque non ha attrattive. Stiamo andando verso la parte dell’Isola dove il granito è l’elemento che disegna tutto il paesaggio. La vegetazione è molto bassa e i pochi pini marittimi si staccano di netto dal terreno.
Dopo la spiaggia di sassi della Palombaia, la costa assume la sua conformazione caratteristica della zona, con la strada panoramica a strapiombo quasi a ricordare il lato ovest della Corsica.
Inizia la Costa del Sole, che ci accompagna fina a S.Andrea.
Un piccolo consiglio: tutta la zona che guarda ad ovest e che ritengo la più bella dell’Isola, vede continuamente il transito di navi di tutti i tipi, lungo la direttiva Nord - Sud tra l’elba e la Corsica. Ci possiamo trovare in una situazione di disagio se siamo particolarmente vicini alla riva nel momento in cui arrivano le onde provocate da una nave transitata al lago diversi minuti prima e di cui non abbiamo memorizzato il passaggio.
Navigando verso il piccolo golfo di Cavoli con una spiaggia di rena piuttosto grossa e piacevole, troviamo una piccola grotta (Azzurra) in cui mettere la prua per dare un’occhiatina. Cavoli aveva anticamente una sua importanza per le cave di granito presenti sopra il paese dove ancora oggi si possono intravedere delle colonne non finite e un altare in mezzo ad un sentiero. In mare un affondamento o la perdita del carico è testimoniata da altre colonne vicino agli scogli.
Continuando troviamo Seccheto, con un diving per la ricarica bombole nella zona più a ovest della spiaggia e poi il Golfo di Fetovaia (3,8 miglia da Capo di Poro). Spiaggia forse fra le più belle dell’Isola che soffre di un sovraffollamento estivo. Me la ricordo quando con il mitico Callegari e Chigi di mio padre nei primi anni 70 atterravamo senza problemi di divieti e di turismo. All’ingresso del golfo è possibile fare una magnifica immersione sulla secca di Fetovaia, con cappello a 13 metri e un fondo oltre i 45. Ancora più in profondità si trova un relitto romano, non confermato, ma conosciuto da molti, sui 65 metri.
La zona è ricca di relitti romani più o meno confermati; questa particolarità è data sia dall’abbondanza delle rotte dell’epoca per i traffici commerciali, dall’importanza dell’Isola per l’estrazione dei metalli, sia secondo me dal particolare flusso dei venti locali, che cambiano repentinamente; in estate è consuetudine navigare la parte sud dell’Isola con lo scirocco e apprezzare il passaggio al maestrale appena la costa tende a ruotare verso nord est. Il ponente e il libeccio hanno campo libero. Considerando il tipo di vela che equipaggiava gli scafi del tempo, non adatti a navigare con venti al traverso o di bolina, ci possiamo immaginare le difficoltà di manovra per chi si trovava con il ponente da un lato e la costa dall’altro. La famosa “Costa sottovento” di Patrick O’Brian.
Doppiata la Punta di Fetovaia, navighiamo con la prua rivolta verso la Corsica mentre la costa continua la sua lenta curva destrorsa. Molte spiagge di sassi poco frequentate si aprono ripetutamente fino ad arrivare allo scoglio dell’Ogliera subito prima di Pomonte (2,5 miglia da Fetovaia).
Qui d’estate sembra di essere in Piazza del Duomo: nel 1972, una nave da carico, la Elviscot, venne fatta incagliare sugli scogli durante una mareggiata. Nel corso degli anni si è gradatamente inclinata su un fianco per poi essere tagliata a pezzi per esigenze di sicurezza. Alcune persone ci hanno lasciato la buccia per i più disparati motivi: da chi si è addentrato nelle stive e non ha più trovato l’uscita, a chi si è incastrato in un portellone, a chi ha perso la pila.
Rimane il castello di poppa praticamente integro e parte dello scafo. Essendo la parte superiore a due metri dalla superficie e il fondo a 14 metri, potete immaginare la processione di turisti che vi arrivano per fare il bagno: a nuoto dalla riva, con i pedalò, con barche e gommoni vari, per finire con il Nautilus, uno di quei barconi con visione sottacqua che arriva due o tre volte il giorno. Ognuno vuole arrivare vicino, anche perché normalmente c’è corrente e due bracciate in più a nuoto fanno fatica a tutti. Se fate un’immersione con le bombole (soprattutto per chi vuole imparare, è molto bella) attenzione alle barche che lasciano andare l’ancora senza farsi tanti problemi. La notturna non è particolarmente attraente, visto che per il gran traffico giornaliero, nessun pesce di grossa taglia ha pensato bene di mettere su casa.
Passato il paese di Pomonte, molto piccolo, alle pendici del Monte Perone che si erge con tutte i suoi ripetitori alle sue spalle, troviamo Chiessi altro piccolo paese costruito sul granito in cui ho passato molte vacanze della mia giovinezza. Le prime volte che la mia famiglia vi trascorreva le ferie estive, la strada per arrivarci era sterrata e l’unico ristorante cucinava solo patate lesse. Mia madre insegnò loro a farle fritte!! Si può ormeggiare nella piccola baia non molto protetta e mangiare del buon pesce, perché a differenza di Pomonte, dove c’è da camminare perché il paese non è sul mare, qui con duecento metri siamo sulla strada dove si affacciano due ristoranti.
Continuando il giro passiamo davanti al timone, uno scoglio che si stacca dalla costa di pochi metri; circa mezzo miglio al largo su un arido fondale sabbioso di 45 metri c’è un relitto romano approssimativamente del 180 d.c. scoperto a fine degli anni 60. E’ una nave oneraria, probabilmente proveniente dalla Spagna, di notevoli dimensioni che trasportava circa 6.500 anfore. I pescatori perdevano continuamente le reti in quella zona e uno dei primi subacquei con respiratore si immerse per vedere cosa causava questi problemi. Una piramide di anfore si ergeva dal fondo fino ad arrivare a 18 metri dalla superficie. Da quel giorno in poi c’è stato un pellegrinaggio di predatori che ha fatto piazza pulita di tutto quello che poteva essere portato via. Alcune anfore sono state donate al museo di Portoferraio. Diversi subacquei ci hanno lasciato la pelle. Sito profondo (le miscele non esistevano), acqua intorno ai 11 / 13 gradi, necessario un lavoro di scavo, attrezzature di immersione ancora primitive (decompressimetro a membrana), scarsa conoscenza dei meccanismi della decompressione. Mi ricordo di un tedesco che arrivò dalla riva a nuoto sulla verticale del relitto, si immerse, tornò in superficie e poi di nuovo a riva a nuoto dove cominciò a sentirsi male. Morì mentre lo portavano con una Fiat mille e cento verso Marina di Campo. Immagini che restano, non si cancellano.
Oggi se scaviamo un po’ vengono alla luce dei cocci, qualche collo, se si ha fortuna un pezzo di anfora. Mezzo scafo è sotto la sabbia, si vede distintamente il travone centrale della chiglia di legno bianchissimo, tenuto pulito da un enorme gronco che ci ha fatto la tana sotto.
Ritornando alla nostra circumnavigazione, dopo una spiaggiola di sassi con la strada a strapiombo, doppiamo Punta Nera, la parte più a ovest dell’Isola, direttamente davanti a Bastia. Normalmente in questa zona cambia il mare e si comincia a percepire il maestrale, avendo all’orizzonte l’Isola di Capraia. La costa ha una lunga spiaggiola di sassi in ombra le prime ore della mattina con alcune franate che interrompono il bagnasciuga. Uno scoglio più distante dalla riva che ha la forma di una sedia è chiamato la Sedia di Napoleone. La tradizione vuole che il Buonaparte si sedesse lì durante l’esilio a guardare la Corsica. Però ne abbiamo di fantasia!!
Continuando la navigazione, ammiriamo i contorni rocciosi che pian piano comincia a coronarsi di alberi d’alto fusto. Segnalo due punti per fare immersioni: la secca di Mortigliano che si vede in trasparenza navigando all’altezza della spaccatura della costa alle coordinate 42° 47’ 45 ‘’ N e 10° 06’ 02’’ E (è meglio il lato più a ovest, attenzione alla corrente) e le Formiche della Zanca 42°48'19" N e 10°07'36" E (verso il largo, un po’ di cocci romani a giro).
In mezzo a questi due punti, la costa ci riserva il faro di Patresi (relitto romano a 18 metri di profondità schiacciato da una frana) con un piccolo molo e un bar e, dopo le Formiche, si trova l’abitato di S.Andrea (5 miglia da Pomonte). A questo punto la prua della nostra imbarcazione è già puntata a est e in lontananza vediamo prima il promontorio dell’Enfola, poi Capo Vita, estremo nord dell’Isola e sullo sfondo il continente. S.Andrea non offre servizi in banchina e non è attrezzato per un ormeggio “ufficiale”; se vogliamo scendere a terra per mangiare ci dobbiamo adattare a gettare l’ancora. Un gradevole percorso attrezzato permette una tranquilla camminata lungo gli scogli.
Percorse altre 3 miglia di una costa sempre rocciosa e frastagliata, punteggiata di villette, si arriva al porto di Marciana Marina. A conferma del grande traffico di imbarcazioni che hanno accarezzato l’Isola, nel 2000 è stata scoperta una nave romana a 65 metri di profondità adibita al trasporto di una dozzina di grandi dolia (relitto del Nasuto).
Il porto di Marciana Marina è fornito di una pompa di benzina situata nella parte più interna vicino alla torre di avvistamento; in questa posizione non ha problemi di onde e l’altezza della banchina galleggiante è comodissima per scendere senza dover fare particolari arrampicate. I venti del primo e quarto quadrante creano qualche problema se di forte intensità.
Si può ormeggiare sul lato destro del lungo molo in granito che ci si trova subito davanti entrando nel porto. Consiglio di stare il più possibile vicino alla riva per evitare problemi con gli attracchi del Nautilus (imbarcazione turistica) che si ferma due o tre volte al giorno.
Il paesino è secondo me il più bellino e caratteristico di quelli che si affacciano sul mare, vi sono diversi ristoranti e bar che offrono spuntini ad un costo non proprio economico. A quel punto, un bel piatto di spaghetti alle vongole con un fresco vino bianco dell’elba dà più soddisfazione. Normalmente mi fermo al primo ristorante situato proprio sul mare all’estremità est del porto. La sera è delizioso passeggiare sul lungomare.
Passato Marciana Marina si apre il golfo di Procchio con la costa che continua nel suo andamento irregolare e la vegetazione costituita da alberi di alto fusto, che scendono quasi fino al mare; l’isolotto della Paolina si stacca di pochi metri dalla riva e navigando è facile non accorgersene. Dopo la spiaggia di Spartaia si allunga quella di Procchio ( 2,5 miglia da Marciana), occupatissima dai vari stabilimenti balneari e pochissimo spazio libero. Non conviene scendere a terra perché il paese non ha particolari attrattive se non per urgenze particolari.
Nella zona riparata a est, dove sono ormeggiate delle piccole imbarcazioni, c’è un relitto romano in due metri d’acqua. Per molti anni non è stato praticamente considerato, nonostante alcune costole di legno dell’imbarcazione fossero visibile, fino a che una campagna di scavi ha portato alla luce molti reperti visibili nei vari musei elbani. Non sono stati trovati i fondi per recuperare il relitto, nonostante la particolare comodità del sito. E’ possibile? In Italia si.
Se lo scirocco ha alzato un po’ la cresta, salta sulle colline alle spalle del paese e scende sul mare acquistando velocità, rendendo fastidiosa la rotta per i natanti, soprattutto per chi decide di seguire una linea retta fra Marciana e l’Enfola, trovando vento e schizzi al traverso di dritta.
In successione troviamo una serie di spiagge più o meno grandi: la Biodola, Scaglieri, Il Forno, Viticcio per citarne alcune e tante calette e ridossi in cui fare il bagno, per arrivare fino all’Enfola (2,5 miglia da Procchio).
Alla base del promontorio, si distingue la vecchia tonnara ormai in disuso a testimoniare come, diversi anni fa, si potesse pescare in abbondanza il tonno nelle acque dell’Isola. Troviamo poi un ristorante e un campeggio. Vi segnalo anche il ristorante all’interno di quest’ultima struttura, con un piccolo pontile per l’ormeggio.
Il campeggio offre, oltre alle solite piazzole per la tenda, anche comodi bungalow e un ormeggio sicuro per le imbarcazioni, utilizzando un’enorme catenaria posta a suo tempo dalla Navarma. Unico neo della zona sono i gabbiani reali. Si sono insediati numerosi trovando cibo in abbondanza dagli scarti della tonnara e hanno continuato a nidificare nonostante la chiusura dello stabilimento, complice anche l’area non abitata dell’Enfola. Hanno la bella abitudine di passare gran parte della giornata e soprattutto la notte sopra le imbarcazioni ormeggiate, lasciando considerevoli regali non molto profumati che non hanno alcuna intenzione di staccarsi dai rulli o dai teli d’ormeggio.
Un diving proprio sulla spiaggia di sassi, offre immersioni in zona e ricarica bombole. Chi ha voglia di fare una camminata può salire sul sentiero che si inerpica sull’Enfola, per andare a vedere i resti delle postazioni militari della seconda guerra mondiale. Alcune batterie di grossi cannoni da 152, erano piazzate per spazzare l’orizzonte. Restano le piazzole con le rotaie e le gallerie che si articolavano dentro la roccia, per congiungere le varie postazioni senza essere sottoposti ai bombardamenti.
Lo Scoglio della Nave si stacca di pochi metri verso nord dall’Enfola e la zona è consigliata per le immersioni. Navighiamo verso Portoferraio lungo costa, ammirando la scogliera bianca che si staglia davanti a noi. Una mini Dover. E’ la spiaggia di Capo Bianco, praticamente sotto Portoferraio, molto suggestiva. Attenzione ai fondali, segnalati anche da una boa luminosa. Davanti a noi l’elba si allunga verso nord e spicca il faro dello Scoglietto su un isolotto di granito bianco. Per chi ama le immersioni è doveroso approfittare della riserva marina situata sul versante nord dello stesso. Branchi di Barracuda, Orate, Dentici e altri pesci predatori stanno alla “fonda” in corrente. Scendendo in profondità, planando verso i 38 / 42 metri grosse cernie si muovono fra gli anfratti rocciosi e nelle loro tane. Sembra impossibile ! Siamo all’elba !
Entrando a Portoferraio è necessario fare attenzione ai traghetti e al traffico in entrata / uscita. Il porto che si apre dietro la torre medicea della Linguella è piccolo e non riserva spazi agli ormeggi temporanei. Come al solito chiedendo ai ragazzi dell’organizzazione, si può ottenere qualcosa. Spesso fanno attraccare sull’altro lato del molo dove è situata la pompa di benzina. Quest’ultima, a mio avviso, è la più scomoda dell’Isola per la totale mancanza di riparo dalle onde delle imbarcazioni di passaggio e dei traghetti, tant’è che se sono a corto aspetto di rifornire al Cavo (7,5 miglia).
Portoferraio è da vedere, con calma se si ha tempo, oppure con un rapido passaggio nella parte vecchia; accanto alla torre della Linguella c’è il museo in cui sono visibili dei reperti recuperati dai relitti romani. Sul molo e all’interno del paese a cui si accede attraversando l’entrata che si affaccia sul porto vecchio, diversi negozi, bar e ristoranti soddisfano i vari bisogni. La villa museo di Napoleone richiede un po’ di strada in più. Se al mare volete mangiare una pizza saporitissima, consiglio Il Castagnacciaio con le sue cecine salate.
Il Golfo è profondo e offre un ottimo riparo anche ad imbarcazioni di grosse dimensioni. Per chi vuole dormire in tenda, segnalo una piccola pineta comodissima in cui montarla, 10 / 15 metri sul livello del mare, silenziosa e con vista sull’ormeggio: 42°48'19" N e 10°21'35" E. L’imbarcazione può essere ancorata davanti, con una cima a terra e, memorizzando la zona, si può andare a cena a Portoferraio e tornare navigando la notte senza problemi.
Per eventuali inconvenienti ai nostri fidi amici natanti, segnalo delle officine e dei cantieri navali nella zona più a sud ovest del golfo.
Per chi ha altre esigenze l’Hotel Airone (4 stelle 42° 48’ 11’’ N e 10° 19’ 14’’ E), dispone anche di una banchina dedicata per gli ormeggi dei clienti, oppure è possibile approfittare degli stabilimenti delle Terme di S. Giovanni per rilassarsi e farsi qualche trattamento.
Continuando verso NE, strizzando l’occhio alla fortezza pisana del Volterraio arroccata in alto a destra, si passa sotto ai resti (non visibili dal mare) di una delle due enormi ville romane a testimonianza della forte presenza umana dell’epoca.
Breve considerazione personale: non sono mai state condotte campagne di ricerca e scavo per individuare quello che i fondali celano sotto la sabbia; l’Isola ora conosciuta per il turismo, in antichità aveva una grande importanza. Gli Etruschi utilizzavano le sue risorse minerarie già nel VIII sec. a.c. esportando i manufatti in ferro in tutto il Mediterraneo. L’elba era visibile da lontano per i forni che giorno e notte fondevano i minerali e, come narra Aristotele, dettero origine al nome Aethalia (scintilla), attribuito all'elba dai navigatori greci. Mitologicamente parlando, Portoferraio viene ricondotto a Porto Argoo in cui sostò Giasone alla ricerca del vello d’oro. Sono quindi diverse le antiche civiltà che hanno interagito con l’Isola e che hanno lasciato tracce della loro vita: Fenici, Greci, Etruschi, Romani. Considerando che si stima approssimativamente in un 10% la proporzione fra i relitti individuati (circa 20) e quelli effettivamente adagiati sui fondali dell’Isola (cfr Relitti romani dell’Isola d’elba di M. Zecchini 1982) possiamo dire che “sotto c’è tanta roba”.
L’insenatura successiva è quella di Bagnaia, dove si può provare ad ormeggiare al pontile più a destra e scendere a mangiare al ristorante Il faro, in riva alla spiaggia. Consiglio questo locale, sia per la bontà dei piatti di pesce freschissimi presentati da Cristina, sia per l’ambiente particolare (dovrei dire location, ma da buon fiorentino mi si accappona la pelle).
Se infine qualcuno preferisce le comodità di un campeggio, nella baia successiva di Nisporto si può ormeggiare a dei gavitelli a pagamento, chiedendo ai ragazzi sulla spiaggia e pernottare al Campeggio Sole e Mare dove sono disponibili anche dei Bungalow e un ristorante che si affaccia sul mare.
Da qui, escluso un residence, non troviamo altri insediamenti abitati e questa parte dell’Isola è totalmente selvaggia con le rocce che scendono in mare con colori bellissimi. L’unico fastidio è dato dall’incessante passaggio dei traghetti che richiedono un minimo di attenzione navigando vicino alla costa per le onde che continuamente si infrangono sul bagnasciuga.
Doppiato Capo Vita (5 miglia da Portoferraio) si può scegliere di andare al Cavo per rifornire o altro ( 1 miglio), puntare diritti versi Piombino (7 miglia), passare per la Palmaiola o fare uno strappo e arrivare all’isolotto di Cerboli ( 6 miglia + 3,8 a Piombino) per fare un ultimo bagno e vedere le vecchie cave di marmo.
Purtroppo la girata è finita, ma le immagini, gli odori e le sensazioni vissute fanno parte della nostra memoria.
Quanto scritto è solo un piccolo aiuto a chi vuole passare un fine settimana in mare. L’Isola lascia abbondante spazio per essere scoperta e interpretata in tanti modi diversi.
Gasparone VII = Nuova Jolly 27 Envinrude G2 300
Capitano di Vascello
Bigguy
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- 2/22
sono impressionato. Veramente ben scritto e accurato. Ma lo hai scritto di getto o te lo sei preparato con cura nel tempo? Complimenti in ogni caso.
"Bigguy"
con la testa persa per un bellissimo Artigiana Battelli 25
Capitano di Fregata
Davidino
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- 3/22
Pensavo di andarci a fine luglio, stamperò questo bellissimo e utilissimo vademecum!

Ottimo lavoro Felice
Avevo Sad Marshall m90 RT - Yamaha 40cv 4t CETL - ECO Garmin Fishfinder 400c - GPS Geonav 3c - VHF ICOM ic-m411

https://www.gommonauti.it/ptopic29811.html&highlight=
2° Capo
MAJOR
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- 4/22
pensavo che quando sa ono al giglio faro' 2 gioni al elba e sicuramente mi portero' la tua scrittura e fatta molto bene e accurata

Grazie Felice Felice Felice Felice
Sergente
Limo
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- 5/22
Applause
bravo bellissimo......mi sembrava veramente di essere in gommo.........a bruciare benza!!
Capitano di Vascello
Bigguy
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- 6/22
ad essere onesto, anche se vado all'Elba da 30 anni, me lo sono salvato sulla scrivania del Mac e ne ho stampata una copia. Lo scorso anno ho cercato in libreria una guida o un portolano fatto su misura per i gommonauti che vogliono girare intorno all'isola, ma non ho trovato niente di veramente utile e quello che ho trovato aveva costi spropositati. Per fortuna ci sono i gommonauti che sanno scrivere! 8) 8) 8)
"Bigguy"
con la testa persa per un bellissimo Artigiana Battelli 25
Capitano di Fregata
Lupino71
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- 7/22
ottima recensione... la porterò con me alla prima occasione di andarci! grazie
Lupino
Contrammiraglio
alcione
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- 8/22
ottimo vademecum per gommonauti e/o sommozzatori: complimenti (sei sponsorizzato dal ept elbana Sbellica ?)
FORMENTI ZAR 53 SELVA NARWHAL 115efi UMBRA RIMORCHI 1300 COBRA MARINE MR HH330 EAGLE Seacharter

"Passa la nave mia, sola, tra il pianto De gli alcion, per l'acqua procellosa"
SELVA D490 SELVA DORADO 40efi
EV PACIFIC 420 YAMAHA 25 NMO
Sergente
giusgam
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- 9/22
Complimenti !!! Un racconto degno del miglior narratore: chi c'è stato sa che l'Elba è davvero splendida come la descrivi
Applause
Sottocapo
dolphin dive
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- 10/22
per un attimo mi è sembrato di essere là con i suoi profumi i suoi tramonti e il suo fantastico mare.........

ottima narrazione.......... complimenti.
Sailornet