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Portualità turistica in Calabria

Una “costruita” opportunità di sviluppo

Obiettivo principale di questo dossier è consentire al lettore, specie se abita lungo le coste calabresi e in particolare in prossimità di uno dei porti turistici esistenti o in corso di realizzazione, di conoscere significato e ruolo sociale ed economico che in prospettiva quelle infrastrutture potranno svolgere. Ma il documento vuole essere al tempo stesso uno stimolo rivolto all’Assessorato regionale al Turismo, e con esso anche a quelli ai Lavori Pubblici e ai Trasporti (che in una difficile triarchia hanno voci e poteri equivalenti sul settore della portualità turistica, senza che vi sia invece una più saggia gerarchia tra di loro), per definire e poi applicare a questo comparto la politica più opportuna al fine di attrarre stabilmente in Calabria quote di diportismo nautico nazionale e internazionale a reddito elevato.

Il sistema portuale turistico calabrese La Calabria ha avviato molti anni fa e sta ancora perseguendo una lodevole attività tesa a far nascere dei porti turistici o marina, ovvero quei sistemi organizzati per poter accedere direttamente da terra alle imbarcazioni ormeggiate, oltre che in grado di fornire i servizi richiesti dal diportismo nautico. Infrastrutture ovunque considerate essenziali, all’interno di una apposita politica, per lo sviluppo del turismo e per lo sviluppo tout court. >Quasi tutti pubblici, essi sorgono in aree diverse delle coste tirreniche e joniche calabresi: Belvedere Marittimo, Cetraro, Amantea, Tropea, Bagnara, Roccella, Le Castella, Cirò, Cariati. Altri due sono stati realizzati a suo tempo per finalità non turistiche ma industriali (Saline Joniche e Corigliano).
Una struttura turistico-portuale, la prima a essere stata completata e utilizzata, è privata (Laghi di Sibari). Di un’altro ancora, anch’esso privato (Badolato Marina), tipologicamente definibile “porto di terra”, sono state realizzate le opere di bacino, poi i lavori sono stati bloccati dalla magistratura e solo recentemente è intervenuto il dissequestro.
Anche a Diamante, sul Tirreno, esiste un approdo nei confronti del quale è stato operato nei giorni scorsi un sequestro giudiziario.
In una disamina della realtà portuale calabrese vanno poi messe nel computo le darsene turistiche interne ai porti commerciali di Vibo Valentia, Gioia Tauro, Reggio Calabria (porto per il quale varrà la pena in futuro di fare una riflessione in chiave turistica ad hoc) e Crotone.
Proseguendo nella ricognizione va tenuto presente che a Palmi/Taureana già da tempo sono stati avviati i lavori per la realizzazione di un porto turistico e a Catanzaro Lido si è deciso di ricostruire il Porticciolo (soprattutto peschereccio) a suo tempo demolito dai marosi.
Va sottolineato inoltre che a Pizzo e Scilla esistono dei moli di attracco non utilizzabili in caso di mare mosso ma che con una spesa contenuta si potrebbero rendere sicuri. In questo caso si verrebbe a disporre di altri due - assai opportuni - porticcioli tipici di borghi marinari, ognuno capace di evocare un passato legato al trasporto marittimo di merci e persone (Pizzo soprattutto), strettamente integrati con i rispettivi, preziosi centri storici e destinati ad acquisire un particolare charme: installati dei pontili galleggianti e sistemi di ormeggio con fingers (passerella laterale all’imbarcazione, ortogonale al pontile) verrebbero a svolgere, in un discorso complessivo sul diportismo nautico calabrese, un utilissimo ruolo, complementare a quello dei vari marina.
Ipotesi di realizzazione di altri Porti turistici, alcuni dotati di studi di fattibilità, altri di progetti a vario stadio - preliminari, definitivi, esecutivi - ne esistono ma nessuna di queste opere, salvo errore, risulta essere stata ancora “cantierata”. Si tratta di Scalea; Paola; Lamezia Terme; Pizzo 2; Ricadi; Nicotera; Catona; Pellaro; Bova; Satriano; Rossano; Trebisacce.
Tornando comunque al già costruito e alla possibile fruizione diportistico-nautica, bisogna sottolineare che alcuni porti sono già completati anche nel loro arredo interno (Tropea, Roccella, Le Castella in particolare) e altri potrebbero esserlo in breve tempo. Si può dire che le strutture portuali turistiche di cui la Calabria disporrà sono assolutamente cospicue corrispondendo grosso modo a circa 3.250 posti barca da immettere progressivamente sul mercato italiano ed europeo.
Questa stima comprende il numero complessivo dei posti barca esistenti e realizzandi dai quali sono stati detratti quelli occupati dalla utenza calabrese che possiede imbarcazioni superiori ai 5 metri.
Non si è tenuto conto delle piccole imbarcazioni, quei natanti minori non abitabili e che non necessitano di permanenza in mare in bacino protetto, di proprietà dei residenti e da loro gestiti in strettissima economia, per i quali però andranno studiate caso per caso soluzioni di ormeggio o parcheggio adeguate.

Una Politica per il settore
I Porti turistici calabresi stanno nascendo nel modo ricordato ma per ottenere il loro funzionamento occorre che attorno a essi - singolarmente e globalmente al tempo stesso - si avvii quanto necessario per far fronte alle precise esigenze che il mercato del diportismo nautico nel Mediterraneo pone.
Tenendo tuttavia presente che a queste esigenze altrove si è risposto quasi sempre attraverso l’imprenditoria privata o tramite iniziative pubbliche di sviluppo comprensoriale fondate - nei casi di successo - su solidi presupposti economicistici.
Ugualmente non sono mancati errori e addirittura dilapidazioni di danaro pubblico: perciò in Calabria occorre procedere con molta serietà anche perché si afferma - non sarà difficile verificarlo porto per porto - che nessuna infrastruttura turistico/portuale realizzata nelle regioni italiane in ritardo di sviluppo funzioni; emblematico può essere considerato a questo proposito il caso della Sardegna, che vede i porti privati della Costa Smeralda marciare a pienissimo regime mentre i circa 35 porti pubblici disseminati sulle coste, completi e “arredati”, stentano fortemente a decollare. Altrettanto si può dire della Sicilia.
Ancor più bisogna lasciar perdere quel luogo comune - che chissà perché riscuote tanto successo nel nostro Paese - secondo il quale è necessario prevedere un porto ogni 20/25 miglia nautiche circa (un miglio nautico è pari a 1852 metri) al fine di garantire la sicurezza della navigazione diportistica.
Nessun paese europeo, né paesi extraeuropei (pensiamo a quelli nordafricani in particolare), né tanto meno gli Stati Uniti si sono mai sognati di avviare una politica tanto costosa per fornire una sicurezza così poco necessaria.
Chi va per mare ne conosce i pericoli e applica la cultura della cautela; non si può del resto evitare che gli inesperti, gli imprudenti, i marinai della domenica corrano dei rischi, ma ciò non deve avvenire a spese della collettività.
Anziché distanze ritmate tra porto e porto la normalità è semmai la concentrazione di porti in litorali turistici circoscritti: in Costa Azzurra, su una estensione di 140 miglia vi è una media di 360 posti barca per miglio nautico, sulla Costa Catalana su 170 miglia vi sono 120 posti barca/miglio, sul più breve litorale del Friuli-Venezia Giulia, 40 miglia di fronte mare, vi sono addirittura 375 posti barca ogni miglio distribuiti su ben 24 marina.
Questi attraenti litorali tuttavia presuppongono sempre uno sviluppo elevato dell’industria turistica complessiva, con una offerta a terra (e nel retroterra) storico-culturale, paesaggistico-ambientale, gastronomica, di servizi ricettivi e di loisir in senso proprio molto variegata.
Tornando alla situazione odierna e alle opere realizzate o in via di ultimazione (soprattutto Tropea, Roccella, Le Castella e, meno avanzate, Cetraro, Amantea, ecc.) occorre aver coscienza che la Calabria non può permettersi di trascurare oltre questa “costruita” opportunità: perciò va pensata e subito dopo applicata una specifica Politica calabrese della portualità turistica che divenga filosofia, strumento di marketing, tecnica delle attività, delle esigenze, delle risorse legate alla nautica da diporto.
Essa va definita rapidamente per divenire subito dopo azione operativa interna ed esterna alla regione, al fine di ottenere nel più breve tempo possibile concreti, progressivi risultati. La tempestività nel costruire tale strategia è tanto più impellente ove si tenga conto delle difficoltà di applicarla: in Calabria, ben oltre gli aspetti gestionali, va considerata la necessità di disporre delle competenze, introducendo professionalità attraverso la formazione. Vanno inoltre calcolati i tempi tecnici della azione complessiva per presentarsi negli ambiti nazionali e internazionali, suscitare adeguato interesse e coltivarlo.
Per metterla a punto e poi attuare questa Politica basteranno gli “spiccioli” dei 30 milioni di euro disponibili in Regione per il comparto; tale cifra rimarrà pressoché interamente disponibile per il completamento e l’arredo dei porti turistici maggiormente in grado di svolgere un ruolo strategico/attrattivo, coerente con gli obiettivi prestabiliti.

Conoscere il mercato - Imparare a competere
Per ottenere un positivo sviluppo della nautica da diporto in Calabria va abbandonato l’equivoco delle soluzioni in arrivo dall’esterno per raggiungere la convinzione che anche nel comparto della portualità turistica occorre farsi arbitri del proprio destino.
L’abusata espressione “messa in rete” utilizzata per indicare un atto salvifico e risolutivo dei nostri problemi non ha alcun significato in termini di affermazione e sviluppo di questa forma di turismo né di altre, e ancor meno in termini di ricadute economiche e occupazionali. Se non si prende coscienza, a tutti i livelli, di quanto sia difficile far funzionare un settore tanto variegato (assai più complesso della normale, addirittura banale, gestione del singolo porto), i risultati positivi potremmo attenderli invano.
Invece il primo compito da assolvere per avviare un concreto processo evolutivo del comparto è quello di introdurvi la cultura, la conoscenza - se necessario anche attraverso la “importazione temporanea” di competenze - al fine di dare risposte consapevoli e pienamente adeguate ai problemi sul tappeto.
Occorrono tempi tecnici non comprimibili più di tanto per consentire alle persone, alle municipalità, alle altre strutture pubbliche regionali di apprendere le specifiche problematiche, prefigurare scenari credibili di iniziative turistiche collaterali e complementari, agire incisivamente e con professionalità negli ambiti territoriali dei singoli porti.
Bisogna arrivare a trasmettere a tutti coloro che con questa realtà turistica di discreto potenziale economico dovranno avere a che fare - amministratori regionali, provinciali e comunali; funzionari dello Stato e degli Enti locali; Capitanerie marittime e forze militari; operatori turistici nazionali e regionali; imprenditori del settore; circoli nautici; Lega Navale; opinione pubblica; ecc. - il maggior numero possibile di indicazioni operative meditate, programmabili e poi da applicare scrupolosamente.
Infatti sarà loro compito affrontare, ognuno dal proprio punto di vista e a seconda delle specifiche responsabilità, le complesse problematiche che la presenza di un marina in un determinato territorio comporta, oltre che comunicare in modo unitario, quasi da subito, con la potenziale utenza italiana ed europea.
Su questi argomenti, ed è comprensibile, non c’è oggi in Calabria diffusa competenza, non ci sono esperienze locali cui rifarsi, mentre i modelli esterni, ancorché conosciuti e studiati, non possono essere riprodotti in modo automatico.
Se ne ottiene conferma, se mai ve ne fosse bisogno, dal fatto che laddove un porto turistico è stato terminato da tempo (Roccella Jonica) nessuno è stato capace finora di concretizzare iniziative serie e utili al suo effettivo funzionamento, quando normalmente le attività di promozione vengono avviate ben prima che la struttura portuale sia completata.
Non vi è colpa beninteso, solo desuetudine, ma al tempo stesso occorre muoversi e andare nella direzione giusta perché almeno 210 milioni di euro, oltre 400 miliardi di lire, sono già stati spesi in Calabria nel settore specifico senza alcun profitto.
Della regione va tenuta presente, pena un ennesimo fallimento, l’attuale condizione di ritardo, il suo non essere ancora fornitrice di beni o servizi di qualità, nel turismo e altrove, la sua persistente irrilevanza sui mercati turistici italiano ed europeo se non per iniziative che hanno dato finora risultati di scarso rilievo.
Proprio per questo, per la politica e per il marketing che ne discende, occorre avere ben presente che un porto turistico non è, o lo è solo in piccola parte, un luogo di passaggio: esso è soprattutto un posteggio di barche (nella accezione economica di “imbarcazione del valore medio di 140/150.000 euro” espressa dall’UCINA) che dondolano nel bacino per circa 11 mesi l’anno.
Infatti il fattore che genera la maggio quota di reddito dei porti turistici privati, o nel caso di quelli pubblici calabresi almeno gestioni in pareggio, è rappresentato dalla presenza di un “parco barche” stanziale costituito dalla somma di unità di dimensione media e grande.
Le barche che sperabilmente riempiranno via via i nostri porti apparterranno perciò in larghissima misura - sarà uno degli obiettivi della Politica del settore - a persone che vivono ben lontano dalla nostra regione, nel Nord Italia e in paesi del Nord e Centro Europa, la cui tendenza (per comodità, necessità, vantaggio, ecc.) è di tenere le proprie imbarcazioni nel Mediterraneo.
Peraltro è scarsamente percorribile (almeno per ora, un giorno forse…) l’ipotesi di “vendita” dei posti barca, o meglio la loro sub-concessione per un periodo massimo di 50 anni, nei porti turistici della Calabria.
Come detto proprietari calabresi di barche nel senso economico del termine, che potrebbero essere quelli maggiormente interessati a stabilire rapporti di lunghissima stanzialità, ce ne sono ancora molto pochi; mentre i non calabresi ben difficilmente potranno essere convinti a dislocare stabilmente la loro imbarcazione nella nostra regione soltanto in funzione di un prezzo magari più conveniente che altrove.
Per non parlare del fatto che finora non si è nemmeno cominciato a ragionare delle necessarie iniziative politico/amministrative che dovranno essere poste in atto dai Comuni interessati su aree di stretta prossimità portuale, tese a facilitare insediamenti residenziali, impianti sportivi, attività commerciali, con accurata attenzione all’ambiente e al paesaggio, alla progettazione e all’arredo urbani, ecc.

Utilizzare il marketing - Saper comunicare
Per questo non è utile - conduce anzi a danni - illudersi di poter applicare politiche già sperimentate in altre realtà per ottenere risultati equivalenti.
Ogni contesto va analizzato attentamente soprattutto nei vincoli socioculturali, economici, ecc. che oggettivamente pone (studiando i modi per rispettarli o superarli) e non è condivisibile che si propongano soluzioni, come purtroppo accade, non adeguatamente meditate, costruendoci sopra ipotesi commerciali prefiguranti successi economici destinati a non realizzarsi (il richiamo è a uno Studio di fattibilità a suo tempo condotto in Calabria e cofinanziato dal CIPE).
Tuttavia una attrazione bisogna pur esercitarla per cui, nell’ambito delle strategie di marketing da applicare, il porto turistico deve divenire comunque un luogo di accoglienza più ampio del suo specchio acqueo e in questo senso il territorio antropico e fisico va attrezzato in tutti i sensi per ricevere, fornire, assistere: questa cultura dovrà essere diffusa e potrebbe rivelarsi vincente perché va a innestarsi sul tradizionale senso di ospitalità dei calabresi.
Non a caso l’unico esempio di affermazione sul mercato del diportismo nautico, incoraggiante per molti aspetti e da utilizzare come osservatorio per la politica regionale futura, è quello del Porto di Tropea.
Esso ha potuto godere del vantaggio competitivo rappresentato dalla sua posizione geografica, dal contesto storico-paesaggistico in cui è inserito, dallo sviluppo turistico della penisola del Poro e, da non sottovalutare, dalla capacità, esperienza e passione per il mare di chi è a capo della società di gestione (vedi riquadro).
La strategicità del turismo ai fini di un pur limitato sviluppo socioeconomico, la necessità di conoscere in modo approfondito i caratteri specifici del turismo nautico, la volontà di inviare un segnale ai proprietari di barche italiani ed europei circa la presenza della Calabria in questo settore dovrebbero far sì che l’Assessore regionale al Turismo (in accordo con i colleghi ai Lavori pubblici e ai Trasporti) determini e applichi le iniziative più adeguate.
E’ perciò naturale che una volta studiata, messa a punto e approvata quella che appare come la indispensabile Politica calabrese della portualità turistica e indicati i suoi percorsi, si individuino poi con relativa facilità i mezzi operativi per attuarla con successo.
Qualunque essi saranno (a dire il vero le opzioni possibili sono del tutto limitate) dovranno in ogni caso possedere al proprio interno fortissime vocazioni e competenze in marketing turistico, indispensabili per raggiungere le finalità previste di affermazione del diportismo nautico in Calabria, “governando” prima (nel rispetto delle specificità, vocazioni, potenzialità dei singoli porti) e sovrintendendo poi, in modo “soft”, alle loro attività in una logica ampia ancorché non rigida di unic selling proposition, armonizzazione commerciale e logistica, coordinamento funzionale, realizzazione di economie di scala.

Erosione e insabbiamento
A completamento di questo documento va ricordato che a complicare i presupposti della economicità delle gestioni e la funzionalità/agibilità di quasi tutti i marina calabresi, vi sono anche i concretissimi rischi di insabbiamento delle imboccature foranee e la contestuale erosione delle spiagge “sottoflutto”.
La natura costiera della Calabria, in particolar modo quella jonica, caratterizzata da ampie spiagge per la maggior parte dei suoi 780 chilometri di sviluppo, avrebbe dovuto suggerire, come oggi a Badolato, la realizzazione di strutture portuali “interne” ovvero di “porti di terra” che, diversamente dalle dighe frangiflutti dei ”porti esterni”, poco o nulla avrebbero inciso, come afferma il professore di Regime e Protezione dei Litorali Leopoldo Franco, “sul campo d’onda e sui processi idrodinamici costieri innescando processi erosivi”.
Il non aver utilizzato quella tipologia fa sì che oggi ci si debba preoccupare di una costante “manutenzione” dei canali di ingresso, riducibile a costi sopportabili se organizzata in termini di “servizio pluriportuale coordinato”, lasciando ad altri enti il compito dei costosi e periodici, perché purtroppo mai risolutivi, “ripascimenti” delle spiagge erose.


L’obbiettivo dunque di immettere la Calabria nel novero delle regioni italiane attrezzate per il diportismo nautico, come è evidente, non è facile da raggiungere. Certo non lo sarà se ogni porto dovrà continuare a cercare di risolvere in proprio problemi complessi che travalicano le sue capacità e richiedono visioni prospettiche che una singola realtà, quasi sempre coincidente con un Municipio, non può avere.
L’esempio del Porto di Tropea è al tempo stesso eccezione e punto di riflessione e di riferimento. Si determini adesso a Catanzaro una volontà politica e si ponga mano con accortezza e tempestività al settore, perché qualcosa di importante e utile si può fare e va fatto.
Se si deciderà in tal senso, visto che parecchi porti turistici hanno anche ruoli pescherecci, si coinvolga l’Assessore all’Agricoltura e si metta a punto una politica, parallela ma per molti versi integrata, legata alla pesca. In quel settore siamo assenti e lì come altrove lavoro da compiere, volendo, ce n’è.

L’A. nel 1980 ha ideato il Porto di Roccella, predisposto il piano socioeconomico, fatto redigere il progetto ingegneristico (di terra) e offerto il tutto alla Municipalità. Si interessa di economia dei porti turistici pubblici. E’ membro dell’Istituto Nazionale per la Portualità Turistica.

(03.06.2006)
di Franco Guglielmelli

Fonte: http://www.larivieraonline.com/news.asp?id=462